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Livio
Ab urbe condita IX, 24
 
originale
 
[24] Ad Soram inde reditum; nouique consules M. Poetelius C. Sulpicius exercitum ab dictatore Fabio accipiunt magna parte ueterum militum dimissa nouisque cohortibus in supplementum adductis. Ceterum cum propter difficilem urbis situm nec oppugnandi satis certa ratio iniretur et aut tempore longinqua aut praeceps periculo uictoria esset, Soranus transfuga clam ex oppido profectus, cum ad uigiles Romanos penetrasset, duci se extemplo ad consules iubet deductusque traditurum urbem promittit. Visus inde, cum quonam modo id praestaturus esset percontantes doceret, haud uana adferre, perpulit prope adiuncta moenibus Romana castra ut sex milia ab oppido remouerentur: fore ut minus intentae in custodiam urbis diurnae stationes ac nocturnae uigiliae essent. Ipse insequenti nocte sub oppido siluestribus locis cohortibus insidere iussis decem milites delectos secum per ardua ac prope inuia in arcem ducit, pluribus quam pro numero uirorum missilibus telis eo conlatis; ad hoc saxa erant et temere iacentia, ut fit in aspretis, et de industria etiam quo locus tutior esset ab oppidanis congesta. Vbi cum constituisset Romanos semitamque angustam et arduam erectam ex oppido in arcem ostendisset, "hoc quidem ascensu" inquit, "uel tres armati quamlibet multitudinem arcuerint; uos et decem numero et, quod plus est, Romani Romanorumque fortissimi uiri estis. Et locus pro uobis et nox erit, quae omnia ex incerto maiora territis ostentat. Ego iam terrore omnia implebo; uos arcem intenti tenete". Decurrit inde, quanto maxime poterat cum tumultu "ad arma" et "pro uestram fidem, ciues" clamitans; "arx ab hostibus capta est; defendite, ite." haec incidens principum foribus, haec obuiis, haec excurrentibus in publicum pauidis increpat. Acceptum ab uno pauorem plures per urbem ferunt. Trepidi magistratus missis ad arcem exploratoribus cum tela et armatos tenere arcem multiplicato numero audirent, auertunt animos a spe reciperandae arcis. Fuga cuncta complentur portaeque ab semisomnis ac maxima parte inermibus refringuntur, quarum per unam praesidium Romanum clamore excitatum inrumpit et concursantes per uias pauidos caedit. Iam Sora capta erat, cum consules prima luce aduenere et quos reliquos fortuna ex nocturna caede ac fuga fecerat in deditionem accipiunt. Ex his ducentos uiginti quinque, qui omnium consensu destinabantur et infandae colonorum caedis et defectionis auctores, uinctos Romam deducunt; ceteram multitudinem incolumem praesidio imposito Sorae relinquunt. Omnes qui Romam deducti erant uirgis in foro caesi ac securi percussi summo gaudio plebis, cuius maxime intererat tutam ubique quae passim in colonias mitteretur multitudinem esse.
 
traduzione
 
24 Si ritorn? poi all'assedio di Sora. E i nuovi consoli Marco Petelio e Gaio Sulpicio ricevettero dal dittatore Fabio il comando dell'esercito, licenziando gran parte degli effettivi avanti con gli anni e aggiungendo al loro posto nuove coorti. Ma poich? per la difficile posizione naturale della citt? non si riusciva a trovare un sistema abbastanza sicuro per espugnarla, e la vittoria sembrava restare o troppo in l? nel tempo o esposta a rischi eccessivi, un disertore di Sora uscito di nascosto dalla citt? e arrivato fino ai posti di guardia romani si fece immediatamente portare al cospetto dei consoli, ai quali promise di consegnare la sua citt? nelle loro mani. Alle richieste dei consoli che cercavano di sapere in che modo avrebbe potuto garantire l'impresa l'uomo replic? con risposte che non lasciavano dubbi; cos? sembr? che le sue argomentazioni non fossero vane parole, e il disertore convinse i Romani a spostare di sei miglia dalla citt? l'accampamento, che adesso era invece quasi attaccato alle mura: di giorno la vigilanza delle sentinelle si sarebbe cos? allentata. Lui stesso poi, nel corso della notte successiva, dopo che ad alcune coorti venne data disposizione di attestarsi in un bosco sotto la citt?, attraverso sentieri impervi e quasi inaccessibili port? con s? dieci soldati romani sulla rocca, dove aveva raccolto un numero di aste di gran lunga superiore alle necessit? di quel manipolo. C'erano anche parecchi sassi, parte dei quali si trovavano l? per ragioni naturali (come sempre nei luoghi dirupati), mentre parte erano stati ammucchiati intenzionalmente dagli assediati, nell'intento di rendere pi? sicura la postazione. L'uomo port? in quel punto i Romani, e indicando loro un sentiero stretto e scosceso che dalla citt? saliva fin sulla rocca disse: ?Basterebbero anche solo tre uomini armati per impedire la salita all'esercito pi? massiccio: voi siete in dieci e - ci? che pi? conta - siete Romani, e tra i Romani siete anche i guerrieri pi? forti. Dalla vostra parte avrete la posizione e la notte, che nell'incertezza fa apparire pi? grosso qualunque pericolo a chi gi? sia spaventato. Io adesso far? in modo di seminare il panico ovunque: voi limitatevi a tenere saldamente la rocca?. Detto questo, si lanci? gi? di corsa gridando con quanta pi? voce aveva dentro: ?Allarmi! Cittadini, aiuto, la rocca ? in mano ai nemici! Presto, correte a difenderla!?. Cos? gridava di fronte alle dimore dei capi, a chi incontrava e alla gente che si riversava terrorizzata nelle strade. Per tutta la citt? si diffuse il panico suscitato da un solo individuo. I magistrati affannosamente mandarono soldati in avanscoperta alla rocca e quando si sentirono riferire che essa era occupata da uomini (il cui numero venne esagerato) con le armi in pugno, abbandonarono ogni speranza di poterla riconquistare. Fu allora una fuga generale e precipitosa, e le porte furono sfondate dalla folla quasi del tutto inerme e appena alzatasi dal letto. Attirato dalle grida, il contingente romano irruppe attraverso uno degli ingressi massacrando la gente che correva terrorizzata per le strade. Sora era gi? conquistata, quando all'alba arrivarono i consoli che accettarono la resa di quanti per motivi contingenti erano rimasti in citt? dopo la strage notturna e la fuga. Ne vennero condotti a Roma in catene 225, quelli cio? che l'opinione pubblica additava come primi responsabili dell'infausto massacro di coloni e della defezione. Il resto della popolazione fu lasciato incolume a Sora, dove venne insediato un presidio armato. Gli uomini deportati a Roma furono bastonati e decapitati in pieno Foro con grande gioia della plebe, cui premeva la sicurezza dei cittadini inviati nelle colonie.
 

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